Se ci sono troppi immigrati la colpa è dell'economia sommersa e del pessimo welfare E-mail
Scritto da Emanuele Perugini   
Martedì 19 Maggio 2009 12:42

"L’alto livello di reddito e i bassi tassi di disoccupazione che caratterizzano molte aree del paese; la consistente economia sommersa (stimata tra il 15 e il 20% del PIL); la persistente bassa fecondità che si è avuta nella popolazione autoctona tra il 1991 e il 2007; il basso livello di mobilità interna tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord; un sistema di welfare non in grado di rispondere ai bisogni di un paese che ha visto il numero di persone con più di 65 anni approssimarsi ai 12 milioni, di cui 2,3 milioni con qualche forma di disabilità”. Sono queste le principali ragioni che secondo uno studio realizzato dall’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (Irpps) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) favosriscono l'arrivo di nuovi immigrati nel nostro paese. A riferirli in una nota diffusa dal Cnr, Corrado Bonifazi, autore del rapporto che verrà presentato giovedì prossimo nel corso di un incontro a Roma organizzato nell'ambito del Progetto Europeo “Mediterranean and Eastern European countries as new immigration destinations in the European Union” (IDEA).

“Nel 1991 si contavano sul suolo italiano 356 mila residenti stranieri, pari allo 0,6% della popolazione totale” spiega Corrado Bonifazi. “Oggi, nel 2009, gli stranieri sono stimati in circa 3,9 milioni, pari al 6,5% della popolazione. La crescita è analoga a quella registrata in Germania negli anni cinquanta e sessanta, gli anni, per intenderci, in cui sei milioni di nostri connazionali emigrarono all’estero. Tra la Germania del dopoguerra e l’Italia degli anni 2000 ci sono tuttavia delle profonde diversità. L’economia tedesca del dopoguerra aveva un tasso medio annuo di crescita del 5,1%. Tra il 1993 e il 2005 la nostra economia è invece aumentata solo dell’1% annuo. Anche il contesto politico è profondamente diverso: nel dopoguerra i tedeschi incentivarono con accordi bilaterali l’arrivo di lavoratori stranieri; i governi italiani, invece, da quando ha avuto inizio il flusso migratorio verso il nostro paese, hanno sempre cercato di limitare il numero degli immigrati”.
Aggiunge Bonifazi: “L’immigrazione straniera in Italia ha in questi anni acquistato caratteri sempre più precisi. Si sono affermate tre collettività principali (la rumena, l’albanese e la marocchina), che insieme rappresentano il 41% del totale. La presenza straniera è concentrata nelle aree più dinamiche del paese, con il Centro-Nord che accoglie l’88% degli stranieri residenti. Al Nord gli immigrati rappresentano ormai circa il 10% della forza lavoro e degli occupati. Rilevante è anche il contributo che la popolazione straniera dà alla stagnante demografia del paese. Più del 15% dei nati nel 2008 ha entrambi i genitori o la madre straniera e in molte regioni dell’Italia centro-settentrionale questa percentuale supera il 20%. Senza contare che è straniero l’8,4% dei minori e l’11% della popolazione tra 18 e 39 anni di età”.
I lavori dell’incontro  saranno aperti del Direttore dell’Irpps Sveva Avveduto, poi Corrado Bonifazi, responsabile della ricerca, esporrà i dati contenuti nel rapporto. Tra i presenti, il Direttore del Dipartimento Identità Culturale del Cnr Tullio Gregory,  Gian Carlo Blangiardo dell’Università di Milano Bicocca, Giuseppe Casucci della UIL e Ugo Melchionda dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Tra le personalità della politica, hanno confermato la loro presenza il Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Senatore Giuseppe Pisanu e il Senatore Massimo Livi Bacci.
 












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